
Consigli per i non-acquisti, nasce il fenomeno de-influencer
Oltre ai video ironici e alle clip che informano la GenZ sull’attualità, i feed su TikTok sono bombardati dai consigli di influencer che invitano all’acquisto di prodotti “da avere ad ogni costo”, ma cosa succede quando si scopre che l'adv è ingannevole?
La risposta sta nell’hashtag #deinfluencing, diventato virale in poco tempo sulla piattaforma con oltre 123 milioni di visualizzazioni. I de-influencer sono creator che pubblicano video nei quali, all’opposto delle "celebrità dei social”, consigliano agli utenti cosa non comprare o non utilizzare per denunciare l’iperconsumismo o per consigliare prodotti “migliori” e più economici; questo è lo scopo che tutti dichiarano di voler perseguire, ma, come vedremo, alcuni dubbi sull’autenticità sorgono spontanei.
Il caso Mikayla Nogueira
La controtendenza è nata, in primis, per denunciare la pubblicità ingannevole e in particolar modo la vicenda che ha suscitato maggior clamore è stata quella di Mikayla Nogueira, una truccatrice con 14,4 milioni di follower, accusata di aver indossato ciglia finte in un post sponsorizzato per un mascara; una mossa che le è costata la reputazione e la credibilità, qualità fondamentali che contraddistinguono la professione di influencer.
La makeup artist ha mostrato di utilizzare il mascara sulle ciglia nella prima parte del video, per poi staccare la registrazione e riprenderla facendo vedere il risultato finale dove si evince il fatto che non abbia usato solo il rimmel. «Dopo il secondo strato le ciglia appaiono più lunghe e voluminose come se fossero finte» ha dichiarato Mikayla stessa. Negli oltre 70.000 commenti riportati sotto al video, i suoi follower l’hanno accusata di aver usato proprio delle ciglia finte o delle extension a telecamera spenta, così da ingannarli e ricevere il compenso da parte del brand; un dubbio che rimane dato che la partnership non è stata dichiarata dalla creator, come di norma accade.
La de-influencer più seguita del momento: Alyssa Kromelis
Abita a Dallas, negli Stati Uniti, ha 26 anni e una sola missione: sconsigliare i prodotti costosi sponsorizzati dagli influencer e suggerire alternative alla portata di tutti. Alyssa Kromelis è diventata un’importante rappresentante di questo fenomeno in poche settimane grazie al video “Prodotti su TikTok che odio” che ha fatto registrare 4,8 milioni di visualizzazioni. In un’intervista a “Repubblica”, la ragazza ha denunciato una situazione psicologica ed economica insostenibile per i giovani utenti della piattaforma; non tutti, infatti, possono permettersi di spendere centinaia di dollari al mese per sentirsi “alla moda” e chi non riesce a stare al passo con i tempi soffre e si sente emarginato. Alyssa ha spiegato che proponendo alternative meno costose si colma il gap sociale e si evidenzia come la vita proposta dagli influencer non sia quella reale, andando incontro all’esigenza della GenZ di fruire di contenuti autentici e credibili.
Il futuro del fenomeno social
TikTok si sta avvicinando sempre di più al mondo del marketing, come dimostra il lancio del suo shop per gli utenti degli Stati Uniti che consente di acquistare direttamente in app. L’inserimento del link ai prodotti nei video permette ai creator di guadagnare una commissione, incentivando l’attività degli influencer.
Attività che alcuni esperti pensano non possa essere minata dai de-influencer, perché portati a loro volta a convincere il pubblico a comprare un prodotto. "Ho pubblicato il mio primo video un mercoledì e il lunedì mattina mi sono ritrovata due pacchi dietro la porta, uno dei quali spedito da un brand che mi chiedeva di fare pubblicità" ha dichiarato Alyssa Kromelis, ammettendo di essere disposta a ricevere un compenso per la promozione di articoli. Oltrepassare il confine e tornare sui propri passi diventa così una possibilità concreta. La potenza comunicativa derivata dall’acquisizione di milioni di follower, raggiunta screditando i brand più noti, in futuro potrebbe essere il mezzo per guadagnare calpestando il senso etico che ha spinto i de-influencer a farsi sentire.
Il de-influencing per ora sta portando avanti una battaglia contro la figura dell’influencer, ma potrebbe anche scatenare una guerra tra brand e cambiare la logica del marketing social, pur mantenendo sempre un principio base: guadagnare. C’è infatti chi ha cavalcato l’onda per firmare accordi con altri marchi e di conseguenza trae vantaggi nello screditare il prodotto di un concorrente oppure chi propone alternative a basso costo dietro sponsorizzazione; in quest’ultimo caso viene sfruttato il contesto economico difficile che sta colpendo Europa e Stati Uniti e che ha reso una parte dell’opinione pubblica particolarmente sensibile all’ostentazione dello stile di vita opulento di alcuni influencer.
Trarre conclusioni ora è affrettato perché trattandosi di un fenomeno che potrebbe evolvere e sparire con la stessa velocità con cui è nato, certo è che i dubbi sorti potrebbero diventare concreti.